Piccolo manuale fotografico

Sulla differenza tra la pratica fotografica tradizionale e quella digitale si possono avviare riflessioni il cui percorso finale appare ancora alquanto nebuloso. D’altra parte, è diventato estremamente difficile, anche da un punto di vista logistico, restare arroccati al modo tradizionale dato che la reperibilità dei materiali risulta ormai molto difficile, almeno nei centri medio piccoli, ed il mercato è ormai nettamente orientato verso il digitale. A ciò bisogna aggiungere il netto calo che ha subito la curva dei prezzi, dato, questo, che fa nettamente pendere la bilancia delle vendite dalla parte della fotografia digitale.
Ma cosa vuol dire “fotografia digitale”? Queste sono le mie osservazioni personali, appunti estemporanei, se si vuole, scritti a voce alta e pensiero rapido.

Il punto di partenza

Una volta erano le pellicole. Tipo di supporto, caratteristiche chimico-fisiche, sensibilità erano i parametri fondamentali ai quali attenersi. Si poteva optare per una pellicola negativa o una diapositiva in funzione dello scopo finale. Oppure si poteva propendere per una pellicola a colori piuttosto che b/n, con un contrasto più o meno forte, una determinata capacità di contenimento della “grana”, una determinata risposta alla luce, ecc. Si teneva conto della sensibilità in base alle condizioni di luce esterne e alla resa della superficie sensibile.
Insomma, un complesso semantico in piena regola, un complesso di norme espressive con le quali scrivere su una superficie cartacea.
Il digitale oppone a tutto questo un sensore i cui parametri sono la dimensione in mm e il numero di pixel contenuti. Ossia, già in partenza, la tecnologia digitale demanda a posteriori il lavoro semantico, seppure impone una nuova caratteristica: il rumore digitale. La differenza rispetto alla grana è che quello è funzione della quantità di luce mentre la seconda anche dell’emulsione della pellicola, oltre che della sua sensibilità.

Il punto di vista

Ossia, la ripresa. Il pentaprisma diventa un oggetto del desiderio, non più prerogativa di massa ma riservato agli apparecchi di fascia alta. Il futuro, probabilmente, ci riserverà un miglioramento della situazione ma, allo stato attuale, la maggior parte degli apparecchi di fascia medio bassa si accontenta di mirini galileiani o a cristalli liquidi. La prima soluzione ha i limiti storici risaputi mentre il secondo, per quanto ormai di uso generale, ha il grande limite di non restituire il controllo totale delle caratteristiche dell’immagine inquadrata. L’uso di questi dispositivi, soprattutto per chi è abituato alla pratica tradizionale, risulta oltremodo frustrante.

Il punto di elaborazione

Possiamo dire che col digitale la camera oscura non esiste più. La soluzione e i tempi di sviluppo, il fissaggio, le operazioni tecniche come la mascheratura, la bruciatura, le sovra-sottoesposizioni. Il sistema di linguaggio di camera oscura viene completamente abolito. Arriva Photoshop. I software di elaborazione grafica prendono il posto della chimica. In questo modo, l’elaborazione dell’immagine è reversibile e modificabile senza limiti. Anche la sua riproduzione è infinita. Proprio questa peculiarità è la più importante del sistema digitale. La fotografia si svincola in via definitiva dell’onere di rappresentare la realtà, diventa immagine, frutto puro della creatività. In qualche modo si avvicina alla verità che altro non è che il pensiero creativo. Si aprono nuovi scenari futuri che tutti noi guardiamo con attenzione.

Il punto di diffusione

Il sistema di diffusione delle opere fotografiche, quello classico, consisteva nel supporto cartaceo, la stampa tipografica le proiezioni diapositive. Negli ambienti più avanzati dal punto di vista creativo ha sempre avuto un ruolo primario la stampa su carta. Personalmente, ho sempre usato la Galery, della Ilford con buona soddisfazione. Le carte fotografiche hanno caratteristiche peculiari di tonalità, saturazione, risposta ai toni estremi ecc.
Al giorno d’oggi, la stampa richiede carte anonime, dato che le precedenti caratteristiche vengono prodotte via software.

L’avvento della tecnologia digitale, quindi, ci porta a rinunciare a due cose fondamentali: il linguaggio fotografico per come era stato in precedenza e la “fisicità” intrinseca all’operazione fotografica.
Inoltre non è da sottovalutare l’esplosione iconografica che comporta, come tecnologia di massa, che da un punto di vista filosofico l’immagine del mondo si sovrappone al mondo reale realizzando quella che da sempre era una possibile tendenza della fotografia.

Bibliografia
Susan Sontang, Sulla fotografia, Einaudi, ed. 1992


Fotografie
serie "Station" di Franco Donaggio


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