Un catalogo della vita: Luigi Ghirri

Luigi Ghirri (Scandiano, 1943, Roncocesio, 1992) è il poeta della memoria. Nel suo catalogo fotografico ha raccolto il mondo, organizzandolo in un personale sistema di riferimento. Nelle sue foto, fatte di assenza, dove solo gli oggetti, rimandano a qualche presenza ormai fatta storia, si percepisce la vita degli uomini e quella delle cose. E del loro ambiguo rapporto dove nulla può essere vero e, tuttavia, ogni cosa è vera.

Il suo metodo è del narratore e la sua fotografia è un taccuino in continuo divenire di nuove scritture, correzioni, aggiunte, in modo che la sua opera pulsa vitale, prendendo forme, adattandosi al sé contenitore mutabile nel tempo.

Il discorso di Ghirri è proprio sull’”assenza”: la società capitalistica è la società dell’assenza, del vuoto, del trascorrere del tempo sui personaggi e la “poetica” di Ghirri è la poetica del “nulla”, dell’appiattimento del personaggio vivo a “manifesto” e della trasformazione del manifesto in “protagonista”. [Arturo Carlo Quintavalle]

E in queste parole c’è tutta l’ambiguità della fotografia di Ghirri che riduce la realtà a puro simbolo, quel simbolo che diventa, esso stesso, realtà.
Ecco le foto della serie
Atlante (1972), viaggio immaginario non attraverso i luoghi, i suoni, gli odori del reale, ma attraverso i loro simboli, la memoria, le associazioni.
Kodachrome (1972) è critica dell’immagine mercificata, strumento di riflessione sul nostro rapporto con l’immagine.

La serie Identikit (1977), è un viaggio attraverso la propria stanza, tra i suoi oggetti, i libri, qualche cassettiera, che diventa viaggio dentro di sé, organizzazione della memoria.
La fotografia, per
Ghirri, è arte della memoria.

procedimento non per ricordare l’evento ma per ricordarsi in relazione a un certo evento che non esiste in quanto tale ma esiste in quanto fotografato, dunque fa parte della nostra esperienza che non è mai esperienza reale ma esperienza del possibile” [Luigi Ghirri]

Luigi Ghirri, fa spesso riferimento a Borges, per declinare il suo modus operandi concettuale, come quando ricorda il racconto di colui che raccoglie immagini del mondo, frammenti, dettagli, trascrive, organizza, ricopia tutto. Un duplicato del mondo? No, alla fine, l’immagine, assurda, del proprio volto.

Per Ghirri noi tutti, dunque, siamo ciò che ci circonda, la nostra stessa vita, altro non è che antagonismo tra noi e l’oltre noi.
Egli ha guardato fuori di sé per cercare dentro di sé, l’ha fatto evocando l’immobilità delle cose, viste attraverso i tenui colori, i toni morbidi e la ricerca di mirabili equilibri, che sono la cifra più evidente, tecnicamente, del suo modo di comunicare attraverso la fotografia.

Ghirri riconduce tutte le apparenze e apparizioni verso quell'ultimo sfondo, verso il limite sul quale l'aperto si fa mondo. Riesce a farlo attraverso la visione atmosferica, cioé attraverso il sapore affettivo dei colori e dei toni. E ciò gli permette di presentare tutte le apparenze del mondo come fenomeni sospesi, e dunque non più come fatti da documentare. Ogni momento del mondo è riscattato dalla possibilità di ridargli una vaghezza, cioè di riportarlo al sentimento che abbiamo dei fenomeni [Gianni Celati]

Bibliografia:
Libri fotografici

Fotografie:
di
Luigi Ghirri

1 Capri 1980
2 Casa Benati, Reggio Emilia 1982
3 Cervia 1989
4 Cittanova, Modena 1985
5 Ferrara 1979
6 Marina di Ravenna 1971
7 Ponza 1986
8 Roma 1990
9 Trani 1982
10 Venezia 1986

Commenti

Anonimo ha detto…
Molto bello e intenso, interessante, come spesso qui accade, ma non riesco a concentrarmi molto, tornerò al più presto, per ora la mente e l'ochio cade al post precedente, corro. Ero qui per il caffè, infatti ;D
Ladymiss
Anonimo ha detto…
grazie per questo bellissimo post che mi è stato utile

Mario